L'asta per la costruzione del campanile venne vinta dall'impresario Lorenzo Giorgetti di Novara e l'incarico di assistente ai lavori fu affidato a Carlo Vaccaroli "capomastro" muratore, molto conosciuto nel Novarese per la sua grande pratica in grado di aiutarlo a risolvere anche opere piuttosto impegnative, e, soprattutto, per l'esperienza che si era costruita lavorando alle dipendenze dell'archietto Alessandro Antonelli. I contrasti fra l'ingegnere progettista e il capomastro forono interminabili; tuttavia quest'ultimo prevalse in quanto la sua presenza in cantiere era continua e indispensabile.
Le trasgressioni del Vaccaroli risultarono determinanti per l'aspetto finale della torre campanaria.
Il Bellotti, attraverso un fitto e interessante carteggio con la commissione municipale, continuava a segnalare le differenti realizzazioni costruttive e a non riconoscerle come proprie; tuttavia non abbandonò la direzione dei lavori.
La realizzazione evidenziò una maggior altezza totale della costruzione e in particolare della parte finale, attribuibile al Vaccaroli che alterò in modo evidente gli originali moduli e forme bellottiane (del resto risulta evidente la differenza fra fusto e parte terminale del campanile anche se le due parti si compenetrano armoniosamente).
Indubbiamente la costruzione, liberata dai ponteggi, si presentò con un profilo alquanto diverso da quello proposto dal progetto, ma la popolazione maranese la acettò con orgoglio, trovandosi comunque di fronte un'opera che avrebbe potuto caratterizzare il paese.
Al di la delle vicende storiche e costruttive, la torre companaria di Marano è diventata un "segno" per il territorio circostante, su cui si impone per lo slancio della sua struttura e per le sagome taglienti selle sue forme.
I particolari e i rimandi di dettaglio sembrano voler frantumare la compatta impotenza della struttura e la solennità dell'intera costruzione.
La parte inferiore è prevalentemente strutturale, di sostegno, con bastioni in bugnato, raccordata stilisticamente con la parte superiore attraverso le finestre ogivali e rotonde e con la rottura della cornice marcapiano, poco oltre la metà del piedestallo.
La parte superiore è costituita con gusto neomedievale, con forme spinte in tutta la loro verticalità strutturale, che esprimono un atteggiamento di audacia progressiva e di solida capacità inventiva, sempre basata, però, su soluzioni determinate da riflessioni continue e calcolate.
Soprattutto in questa parte sono evidenti i riferimenti antonelliani (Bellinzago, Boca, Novara e Torino). L'intonaco chiaro dei bastioni e delle superfici in contrasto con il rosso dei mattoni a vista, l'elegante gravità che ne scaturisce e la minuzia di alcuni particolari architettonici, creano un insieme che permette una facile comprensione della struttura generale ma anche una dettagliata lettura, nulla togliendo al suo dinamismo globale.
Lo stile neomedievale del Bellotti, l'inventiva goticheggiante e le esigenze tecnologiche del Vaccaroli, passando attraverso la lezione antonelliana, hanno prodotto un'opera archiettonica di grande eleganza che sprigiona l'idea impressionistica di una leggerezza sfumante nel cielo.
Tratto da: "Percorsi - Storia e Documenti Artistici del Novarese- n°15 (Marano Ticino e Mezzomerico) "